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Panspermia

La panspermia (Greco: πανσπερμία da πᾶς, πᾶσα, πᾶν (pas, pasa, pan) “tutto” e σπέρμα (sperma) “seme”) è una ipotesi che suggerisce che i semi della vita (in senso ovviamente figurato) siano sparsi per l’Universo, e che la vita sulla Terra sia iniziata con l’arrivo di detti semi e il loro sviluppo. È implicito quindi che ciò possa accadere anche su molti altri pianeti. Per estensione, semi si potrebbero considerare anche semplici molecole organiche.

L’ipotesi ha le sue origini nelle idee di Anassagora, un filosofo greco, e si è rivitalizzata a partire dall’Ottocento con Lord Kelvin, con il fisico Hermann von Helmholtz e, nei primi decenni del Novecento, con il chimico e premio Nobel svedese Svante Arrhenius, mentre nell’ultimo quarto del XX secolo il testimone è passato agli astronomi Fred Hoyle e Chandra Wickramasinghe.

Prove e meccanismi a sostegno della panspermia

Esistono alcune evidenze che suggeriscono che i batteri possono sopravvivere per lunghi periodi di tempo anche nello spazio profondo (e potrebbero quindi essere il meccanismo della panspermia). Studi recenti condotti in India hanno trovato batteri nell’atmosfera terrestre ad altezze maggiori di 40 km, dove il loro mescolamento con gli strati più bassi dell’atmosfera è improbabile. Batteri Streptococco mitus, che sono stati portati accidentalmente sulla Luna dalla sonda spaziale Surveyor 3 nel 1967, potevano essere facilmente rinviviti dopo essere stati portati di nuovo sulla Terra, dopo 31 mesi.

Una conseguenza della panspermia è che la vita, in tutto l’Universo, dovrebbe avere una biochimica sorprendentemente simile, perché deriverebbe dagli stessi organismi ancestrali. Perciò che i batteri ad alta quota abbiano una biochimica molto simile a quelli terrestri non prova né l’una né l’altra ipotesi. Questa conseguenza non può essere verificata fino a che non verrà trovata la vita su un altro pianeta.

Un’altra obiezione alla panspermia è che i batteri non sopravviverebbero alle immense forze e all’intenso calore di un impatto contro la Terra. Non sono state raggiunte conclusioni (positive o negative) su questo punto.

Evidenze che suggeriscono dati in favore della panspermia

  • La comparsa molto rapida della vita sulla Terra mostrata dai fossili: la prima evidenza di vita sono fossili di stromatoliti, aggregati di batteri, datati a 3,8 miliardi di anni. Solo 500 milioni di anni dopo la formazione delle rocce più antiche conosciute. Secondo alcuni modelli di formazione planetaria, è quasi troppo presto perché la Terra si sia sufficientemente raffreddata da poter ospitare acqua liquida.
  • Batteri ed organismi più complessi sono stati trovati in ambienti più estremi di quanto si credesse possibile: per esempio nelle fumarole abissali. Alcuni batteri estremofili vivono a temperature superiori a 100 °C, altri in ambienti molto caustici.
  • Batteri che non usano la fotosintesi per generare energia. In particolare, i batteri endolitici che usano la chemiosintesi, trovati all’interno delle rocce e in laghi sotterranei.

Altri tipi di batteri

  • Batteri semi-dormienti trovati in carote di ghiaccio prese più di un chilometro sotto la superficie dell’antartide, che mostrano come dei batteri potrebbero sopravvivere su corpi ghiacciati come le comete.
  • I risultati ambigui dei test biologici delle sonde Viking. Questi test furono svolti per trovare i risultati del metabolismo di eventuali batteri marziani, alimentando campioni di suolo con gas radioattivo (per marcare i risultati del metabolismo), e confrontandoli con altri campioni di suolo riscaldati a temperature molto alte, che avrebbero ucciso ogni forma di vita. I test mostrarono attività che poteva essere indizio di vita, ma l’interpretazione ufficiale della NASA fu che gli effetti erano di tipo chimico piuttosto che biologico, e furono attribuiti ad un’elevata reattività del suolo marziano.
  • La scoperta della glicina (l’amminoacido più semplice), a quanto pare formatasi spontaneamente, in nubi interstellari.
  • L’analisi della meteorite conosciuta come ALH 84001, in genere ritenuta originantesi da Marte, ha rivelato la presenza di artefatti forse causati da batteri marziani. Questa interpretazione è stata oggetto di aspre discussioni.
  • Batteri adattatisi all’ambiente della stratosfera, scoperti nel marzo 2009.

Alcuni considerano la panspermia come una risposta a coloro che sostengono che sia impossibile che la vita si origini spontaneamente. La panspermia però non risolve il problema, semplicemente lo sposta più indietro nello spazio e nel tempo. Alcuni estendono la panspermia per sostenere che la vita non si è mai evoluta da molecole inorganiche, ma è invece esistita per tutto il tempo in cui sono esistite queste ultime.

Obiezioni alla panspermia e all’esogenesi

La vita per come la conosciamo richiede determinati elementi:

  • carbonio (C)
  • azoto (N)
  • ossigeno (O)

Questi elementi, ad una sufficiente densità e temperatura, possono determinate delle reazioni chimiche. Queste condizioni non sono diffuse nell’universo e ciò riduce la distribuzione della vita come processo in evoluzione:

  • In primo luogo, gli elementi C, N e O vengono creati in seguito ad almeno un ciclo vitale stellare: ciò costituisce un limite all’insorgere precoce della vita.
  • Poi la densità degli elementi sufficiente per la formazione di molecole complesse necessarie alla vita (come gli aminoacidi) è tipica solamente delle nubi di polveri (109–1012 particelle/m³), e (in seguito al loro collasso) del sistema solare.
  • In terzo luogo, le temperature devono essere più basse che in quelle stellari. Ciò restringe la possibilità dell’insorgere della vita agli ambienti planetari. Qui gli elementi sono presenti ad alte densità, dato che le temperature sono sufficienti affinché si scatenino reazioni plausibili. Ciò non circoscrive a questi ambienti le forme di vita latenti, per cui questo argomento contraddice solamente l’interpretazione estensiva della panspermia — cioè che la vita è un processo in corso e diffuso in molteplici ambienti in tutto l’universo — e presuppone che ogni forma di vita necessiti di questi elementi, fatto che i teorici della biochimica alternativa non considerano accertato.

Ambienti di potenziali fonti di vita

Lo spazio danneggia gli ambienti dove si potrebbe sviluppare la vita, dato che questi risulterebbero esposti a radiazioni, raggi cosmici e venti stellari. Studi sui batteri glaciali presenti in Antartide hanno dimostrato che il DNA ha un’emivita di 1,1 milioni di anni in tali condizioni. Ciò suggerisce che mentre la vita potrebbe essersi potenzialmente diffusa nel sistema solare è improbabile che possa essere giunta da una fonte interstellare. Ambienti potenziali potrebbero essere l’interno di meteore o comete che risultano piuttosto schermati da certi rischi. Tuttavia hanno dimostrato che alcune forme di vita terrestre riescono a sopravvivere ad almeno 10 giorni di esposizione diretta allo spazio cosmico.

I batteri non sopravviverebbero alle forze immani risultanti da un impatto terrestre — nessuna conclusione (positiva o negativa) è stata raggiunta su questo punto. Tuttavia, la maggior parte del calore generato da una meteora che penetra l’atmosfera terrestre viene ridotto dall’ablazione: l’interno di un meteorite appena atterrato raramente è surriscaldato, spesso è freddo. L’esistenza sulla Terra di meteoriti provenienti da Marte e dalla Luna suggerisce che il trasferimento di materiale da altri pianeti avviene regolarmente.