Corpi CelestiNewsSatelliti o Lune

Struttura della Luna

La Luna è un corpo celeste internamente differenziato: come la Terra ha una crosta geochimicamente distinta, un mantello, la cui astenosfera è parzialmente fusa (di fatto le onde S rilevate dai sismografi non sono in grado di attraversarla), e un nucleo.

La parte interna del nucleo, con un raggio di 240 km, è ricca di ferro allo stato solido ed è circondata da un guscio esterno fluido costituito principalmente da ferro liquido, con un raggio di circa 300 km. Attorno al nucleo si trova una fase parzialmente fusa con un raggio di circa 500 km. La sua composizione non è stata ancora pienamente identificata, ma si dovrebbe trattare di ferro metallico in lega con piccole quantità di zolfo e nichel; sono le analisi della variabilità della rotazione lunare a indicare che esso è almeno parzialmente fuso.

Si ritiene che questa struttura si sia sviluppata attraverso una cristallizzazione frazionata dell’oceano di magma che ricopriva il satellite 4,5 miliardi di anni fa, al tempo della sua formazione.

La cristallizzazione dell’oceano di magma avrebbe creato il mantello femico per precipitazione e separazione dei minerali di olivina e pirosseno; dopo che circa tre quarti del magma si erano cristallizzati, i minerali di plagioclasio, a densità più bassa, poterono galleggiare e formare la crosta superficiale. Gli ultimi liquidi a cristallizzare furono quelli che si trovarono compressi tra la crosta e il mantello, con un’elevata abbondanza di elementi scarsamente compatibili ed esotermici.

Mappatura geochimica

A conferma di questo, la mappatura geochimica effettuata dalle sonde in orbita, mostra che la crosta è prevalentemente a base di anortosite; anche i campioni di roccia lunare della lava eruttata sulla superficie da fusioni parziali del mantello, confermano la composizione mafica del mantello, più ricco in ferro di quello terrestre. Attraverso i dati inviateci dalla missione GRAIL, le ultime stime effettuate, dimostrano invece che la crosta lunare è più sottile di quanto si pensasse, in media 32–34 km contro i 45 km delle stime precedenti.

La Luna è il secondo satellite più denso del sistema solare dopo Io. Tuttavia le dimensioni del nucleo interno lunare sono piuttosto piccole in confronto alla dimensione totale del satellite, solo il 20% rispetto al circa 50% della maggioranza degli altri satelliti di tipo terrestre.

Topografia lunare

Topografia della Luna. In rosso le elevazioni, in blu le depressioni
Topografia della Luna. In rosso le elevazioni, in blu le depressioni

La topografia della Luna è stata misurata utilizzando tecniche come l’altimetria laser e l’analisi stereoscopica delle immagini.

La caratteristica topografica più rilevante è l’enorme Bacino Polo Sud-Aitken, situato sulla faccia nascosta della Luna e pertanto non direttamente visibile da noi. Si tratta di un vasto cratere da impatto di circa 2 500 km di diametro, il più grande del nostro satellite e uno dei più estesi dell’intero sistema solare. Oltre alle dimensioni, il cratere vanta anche due altri primati: con i suoi 13 km di profondità contiene il punto più basso dell’intera superficie lunare. La massima elevazione del satellite invece si trova sul suo bordo nord-est. Si ritiene che quest’area sia il risultato di un impatto obliquo che ha portato alla formazione del bacino.

Anche altri grandi bacini da impatto come Mare Imbrium, Mare Serenitatis, Mare Crisium, Mare Smythii e Mare Orientale posseggono vaste depressioni e bordi molto elevati. L’emisfero nascosto della Luna ha un’elevazione media di 1,9 km più alta rispetto a quella dell’emisfero visibile.

Superficie

La superficie lunare ripresa dal Ranger 9 il 24 marzo 1965, poco prima di schiantarsi sul suolo del satellite
La superficie lunare ripresa dal Ranger 9 il 24 marzo 1965, poco prima di schiantarsi sul suolo del satellite

La superficie della Luna è di due categorie principali: i mari e i crateri. I mari sono quel che resta della passata attività vulcanica e sono di origine basaltica; l’origine risale a più di un miliardo di anni fa. I crateri, invece, sono generati esclusivamente da impatti con asteroidi e non sono frutto di attività geologiche interne.

Mari

ravità nel Mare Smythii, confronto tra mappa topografica (in alto) e mappa gravitazionale (in basso). In rosso le elevazioni, in blu le depressioni
ravità nel Mare Smythii, confronto tra mappa topografica (in alto) e mappa gravitazionale (in basso). In rosso le elevazioni, in blu le depressioni

Le macchie scure pianeggianti sono ben visibili e ai tempi delle prime osservazioni si ipotizzò che fossero dei veri e propri mari. Si tratta in verità di pianure basaltiche, originatesi da antiche eruzioni di materiale incandescente seguite all’impatto con asteroidi particolarmente massicci.

La maggiore albedo delle montagne lunari (formate da rocce più antiche) è dovuta alla presenza di regolite, che riflette più luce rispetto al basalto, formatasi dall’impatto di innumerevoli micrometeoriti nel corso di centinaia di milioni di anni di storia lunare. Queste pianure basaltiche occupano il 17% della superficie e sono quasi assenti sulla faccia nascosta: l’unico degno di nota è il Mare Moscoviense che è anche il più profondo dell’intera superficie.

Alcuni di questi presentano una tale concentrazione di massa da provocare anomalie gravitazionali: l’intensità del campo gravitazionale dovrebbe diminuire in prossimità di tali depressioni, invece se ne misura un aumento.

Il mare più grande è l’Oceanus Procellarum, chiamato anche Mare Eoum, mare orientale, e si estende per una superficie di oltre un milione di chilometri quadrati. È stato il luogo di atterraggio di molte sonde robotiche del programma Luna e Surveyor ed è stato anche scelto per l’atterraggio della missione umana Apollo 12.

Crateri

Immagine del Polo Sud lunare ripresa dalla sonda Clementine
Immagine del Polo Sud lunare ripresa dalla sonda Clementine

I crateri lunari occupano la maggior parte della superficie della luna e sono di diversi tipi. I crateri più antichi hanno permesso la datazione dell’intenso bombardamento tardivo che ha coinvolto la Terra 4 miliardi di anni fa. Il più visibile di essi è il Cratere Tycho, ben visibile anche a occhio nudo, che prese il nome dall’astronomo Tycho Brahe.

Altri crateri degni di nota sono i crateri Peary e Malapert, situati rispettivamente in prossimità del polo nord e sud lunare. La peculiarità di questi crateri è di avere i bordi quasi sempre illuminati dal sole e i centri al buio totale. Questi ultimi non sono soggetti agli effetti del vento solare e potrebbero contenere elementi come l’acqua ed essere di interesse per una futura missione spaziale.

Presenza di acqua

La Luna per gran parte della sua storia antica è stata bombardata da asteroidi e comete, queste ultime ricche d’acqua. L’energia della luce solare divide la maggior parte di quest’acqua nei suoi elementi costituenti, idrogeno e ossigeno, di cui la maggior parte si disperde immediatamente nello spazio. È stato però ipotizzato che quantità significative di acqua possano rimanere sulla Luna, in superficie, in aree perpetuamente all’ombra o inglobate nella crosta.

A causa della modesta inclinazione dell’asse di rotazione lunare (solo 1,5°), alcuni dei crateri polari non ricevono mai luce dal Sole, rimanendo sempre in ombra. In accordo con i dati raccolti durante la missione Clementine, sul fondo di tali crateri potrebbero essere presenti depositi di ghiaccio d’acqua. Le successive missioni lunari hanno tentato di confermare questi risultati, senza tuttavia fornire dati definitivi.

Ritorno sulla Luna

Nell’ambito del suo progetto di ritorno sulla Luna, la NASA ha deciso di finanziare il Lunar Crater Observation and Sensing Satellite. La sonda è stata progettata per osservare l’impatto dello stadio superiore del razzo vettore Centaur che l’avrebbe portata in orbita, su una regione permanentemente in ombra situata in vicinanza al Polo Sud lunare. L’impatto del razzo è avvenuto il 9 ottobre 2009, seguito quattro minuti dopo da quello della sonda che in questo modo ha attraversato il pennacchio così sollevatosi e ne ha potuto analizzare la composizione.

Il 13 novembre 2009, la NASA ha annunciato che, in seguito a un’analisi preliminare dei dati raccolti durante la missione di LCROSS, è stata confermata la presenza di depositi di ghiaccio d’acqua nei pressi del Polo Sud lunare. Nello specifico sono state rilevate linee di emissione dell’acqua nello spettro, nel visibile e nell’ultravioletto, del pennacchio generato dall’impatto sulla superficie lunare dello stadio superiore del razzo che aveva portato la sonda in orbita. È stata inoltre rilevata la presenza di idrossile, prodotto dalla scissione dell’acqua investita dalla radiazione solare.

L’acqua (sotto forma di ghiaccio) potrebbe in futuro essere estratta e quindi divisa in idrogeno e ossigeno da generatori a energia solare. La quantità di acqua presente sulla Luna è un fattore importante nel rendere possibile la sua colonizzazione, perché il trasporto dalla Terra sarebbe estremamente costoso.

L’acqua lunare potrebbe essere contenuta al suo interno e derivare dalla sua formazione, come rileva uno studio recente (maggio 2011) condotto dalla NASA. Lo studio evidenzia che la percentuale di acqua presente nella Luna potrebbe essere simile a quella terrestre. I depositi rilevati potrebbero essere stati generati dalle eruzioni magmatiche del passato.

Campo magnetico

Ricostruzione dell'intensità del campo magnetico a partire dei dati rilevati dalla sonda Lunar Prospector, 2006
Ricostruzione dell’intensità del campo magnetico a partire dei dati rilevati dalla sonda Lunar Prospector, 2006

Per più di un miliardo di anni dalla sua formazione, la Luna ebbe un campo magnetico paragonabile a quello terrestre. Gran parte del calore indispensabile a mantenere fluido il nucleo esterno e il mantello era dato, in parte dal decadimento degli isotopi radioattivi, ma soprattutto dalle forze mareali esercitate dalla Terra, come accade ancor oggi per la luna gioviana Io. Le forze mareali creavano un notevole attrito negli strati interni della Luna in quanto all’inizio orbitava a una distanza molto inferiore a quella odierna. La forza gravitazionale esercitata dalla Terra era in grado anche di fondere e far rimanere allo stato fuso le rocce del mantello lunare.

Campo magnetico

A distanza ravvicinata le interazioni di marea tra la Terra e la Luna avrebbero fatto sì che il mantello del nostro satellite ruotasse in modo leggermente diverso da quello del suo nucleo. Proprio questo movimento differenziale avrebbe indotto nel nucleo un rimescolamento in grado, almeno stando alle previsioni teoriche, di dar luogo a una dinamo magnetica. Il campo magnetico esterno attuale della Luna è molto debole, compreso tra uno e cento nanotesla, circa un centesimo di quello terrestre.

Non si tratta di un campo magnetico dipolare globale, che richiederebbe un nucleo interno liquido, ma solo una magnetizzazione crostale, probabilmente acquisita nelle prime fasi della sua storia quando la geodinamo era ancora operativa. Parte di questo residuo di magnetizzazione potrebbe anche derivare da campi magnetici transitori generatisi durante grandi eventi di impatto attraverso l’espansione della nube plasmatica associata all’impatto in presenza di un preesistente campo magnetico ambientale. Questa ricostruzione è supportata dalla localizzazione delle grandi magnetizzazioni crostali disposte agli antipodi dei grandi bacini da impatto.

Nucleo

Le misurazioni del campo magnetico possono dare informazioni su dimensione e conduttività elettrica del nucleo lunare. Questi può fornire dati per una migliore teoria dell’origine della Luna. Per esempio, se il nucleo contenesse una proporzione maggiore di elementi magnetici (come il ferro) rispetto a quella terrestre, la teoria della nascita per impatto perderebbe credito (anche se potrebbero esistere spiegazioni alternative per questo fatto).

Sopra tutta la crosta lunare si stende uno strato esterno di roccia polverosa, chiamata regolite. Sia la crosta sia la regolite sono distribuite in modo irregolare. Gli scienziati pensano che queste asimmetrie siano sufficienti per spiegare lo spostamento del centro di massa della Luna. L’asimmetria della crosta potrebbe anche spiegare la differenza nei terreni lunari che sono formati principalmente da mari sulla faccia vicina e rocce sulla parte lontana.

Atmosfera

La Luna non possiede quella che si può definire un’atmosfera nel senso comune del termine. La pressione superficiale risultante è attorno a 10−15 atmosfere (0,3 nPa), variabile in funzione del giorno lunare. La sua origine è imputabile al degassamento e allo sputtering, cioè il rilascio di atomi di gas da parte delle rocce che compongono la Luna, in seguito all’impatto degli ioni portati dal vento solare.

Tra gli elementi che sono stati identificati ci sono sodio, potassio (presenti anche nelle atmosfere di Mercurio e del satellite Io) generati da sputtering; elio-4, da vento solare; argon-40, radon-222 e polonio-210 da degassamento per effetto del decadimento radioattivo all’interno di crosta e mantello. Non è ben chiara l’assenza di elementi allo stato neutro (atomi o molecole) come ossigeno, azoto, carbonio e magnesio, normalmente presenti nella regolite.

La presenza di vapore acqueo è stata rilevata dalla sonda indiana Chandrayaan-1 a varie latitudini, con un massimo a ~60–70 gradi; si ritiene che possa essere generato dalla sublimazione del ghiaccio d’acqua della regolite. Dopo la sublimazione, questo gas può ritornare nella regolite, sotto l’effetto della debole attrazione gravitazionale della Luna, o essere disperso nello spazio a causa sia della radiazione solare sia del campo magnetico generato dal vento solare sulle particelle ionizzate.