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Formazione dei Buchi neri

Considerando la natura esotica dei buchi neri, può essere naturale domandarsi se tali oggetti possano esistere in natura o asserire che siano soltanto soluzioni “patologiche” delle equazioni di Einstein. Einstein stesso pensò erroneamente che i buchi neri non si sarebbero formati perché ritenne che il momento angolare delle particelle collassate avrebbe stabilizzato il loro moto a un certo raggio. Ciò condusse i relativisti del periodo a rigettare tutti i risultati contrari a questa teoria per molti anni. Tuttavia, una minoranza continuò a sostenere che i buchi neri fossero oggetti fisici e, per la fine del 1960, la maggior parte dei ricercatori era convinta che non vi fosse alcun ostacolo alla formazione di un orizzonte degli eventi.

Penrose dimostrò che una volta formatosi un orizzonte degli eventi, si forma una singolarità da qualche parte all’interno di esso. Poco dopo, Hawking dimostrò che molte soluzioni cosmologiche che descrivono il Big Bang hanno singolarità senza campi scalari o altra materia esotica (cfr. teoremi di singolarità di Penrose-Hawking). La soluzione di Kerr, il teorema no-hair e le leggi della termodinamica dei buchi neri hanno dimostrato che le proprietà fisiche dei buchi neri sono relativamente semplici, il che li rende “oggetti rispettabili per la ricerca”. Si pensa che il processo di formazione primaria per i buchi neri sia il collasso gravitazionale di oggetti pesanti come le stelle, ma ci sono anche processi più esotici che possono portare alla produzione di buchi neri.

Collasso gravitazionale

Un disco di polvere in orbita attorno a un probabile buco nero supermassiccio (HST)
Un disco di polvere in orbita attorno a un probabile buco nero supermassiccio (HST)

Verso il termine del proprio ciclo vitale, dopo aver consumato tramite fusione nucleare il 90% dell’idrogeno trasformandolo in elio, nel nucleo della stella si arrestano le reazioni nucleari. La forza gravitazionale prevale e comprime la massa della stella verso il suo centro.

Quando la densità diventa sufficientemente elevata può innescarsi la fusione nucleare dell’elio. Durante questa fase la stella si espande e si contrae violentemente più volte espellendo parte della propria massa. Le stelle più piccole si fermano a un certo punto della catena e si spengono, raffreddandosi e contraendosi lentamente. Attraversano lo stadio di nana bianca e nel corso di molti milioni di anni diventano una sorta di gigantesco pianeta. In questo stadio la forza gravitazionale è bilanciata da un fenomeno quantistico, detto pressione di degenerazione, legato al principio di esclusione di Pauli. Per le nane bianche la pressione di degenerazione è presente tra gli elettroni.

Reazioni dei Buchi neri

Se invece il nucleo della stella supera una massa critica, detta limite di Chandrasekhar, le reazioni possono arrivare fino alla sintesi del ferro. La reazione che sintetizza il ferro per la formazione di elementi più pesanti è endotermica. Essa richiede energia invece che emetterne. Il nucleo della stella quindi diventa una massa inerte di ferro e non presentando più reazioni nucleari non c’è più nulla in grado di opporsi al collasso gravitazionale. A questo punto la stella subisce una contrazione fortissima che fa entrare in gioco la pressione di degenerazione tra i componenti dei nuclei atomici. La pressione arresta bruscamente il processo di contrazione, ma in questo caso può provocare una gigantesca esplosione, detta esplosione di supernova di tipo II.

Durante l’esplosione quel che resta della stella espelle gran parte della propria massa, che va a disperdersi nell’universo circostante. Quello che rimane è un nucleo estremamente denso e massiccio. Se la sua massa è abbastanza piccola da permettere alla pressione di degenerazione di contrastare la forza di gravità si arriva a una situazione di equilibrio e si forma una stella di neutroni.

Se la massa supera le tre masse solari (limite di Volkoff-Oppenheimer) non c’è più niente che possa contrastare la forza gravitazionale. Inoltre, secondo la relatività generale, la pressione interna non viene più esercitata verso l’esterno (in modo da contrastare il campo gravitazionale), ma diventa essa stessa una sorgente del campo gravitazionale rendendo così inevitabile il collasso infinito.

Ponte di Einstein-Rosen

A questo punto la densità della stella morente, ormai diventata un buco nero, raggiunge velocemente valori tali da creare un campo gravitazionale talmente intenso da non permettere a nulla di sfuggire alla sua attrazione, neppure alla luce. È stato teorizzato che la curvatura infinita dello spaziotempo può far nascere un ponte di Einstein-Rosen o cunicolo spazio-temporale.

A causa delle loro caratteristiche i buchi neri non possono essere “visti” direttamente ma la loro presenza può essere ipotizzata a causa degli effetti di attrazione gravitazionale che esercitano nei confronti della materia vicina e della radiazione luminosa in transito nei paraggi o “in caduta” sul buco.

Esistono anche altri scenari che possono portare alla formazione di un buco nero. In particolare una stella di neutroni in un sistema binario può rubare massa alla sua vicina fino a superare la massa di Chandrasekhar e collassare. Alcuni indizi suggeriscono che questo meccanismo di formazione sia più frequente di quello “diretto”.

Un altro scenario permette la formazione di buchi neri con massa inferiore alla massa di Chandrasekhar. Anche una quantità arbitrariamente piccola di materia, se compressa da una gigantesca forza esterna, potrebbe in teoria collassare e generare un orizzonte degli eventi molto piccolo. Le condizioni necessarie potrebbero essersi verificate nel primo periodo di vita dell’universo, quando la sua densità media era ancora molto alta a causa di variazioni di densità o di onde di pressione. Questa ipotesi è ancora completamente speculativa e non ci sono indizi che buchi neri di questo tipo esistano o siano esistiti in passato.

Buchi neri primordiali

Il collasso gravitazionale richiede una grande densità. Al momento nell’universo queste alte densità si trovano solo nelle stelle, ma nell’universo primordiale, poco dopo il Big Bang, le densità erano molto più elevate, e ciò probabilmente permise la creazione di buchi neri. Tuttavia la sola alta densità non è sufficiente a consentire la formazione di buchi neri poiché una distribuzione di massa uniforme non consente alla massa di convergere. Affinché si formino dei buchi neri primordiali, sono necessarie delle perturbazioni di densità che possano poi crescere grazie alla loro stessa gravità. Vi sono diversi modelli di universo primordiale che variano notevolmente nelle loro previsioni della dimensione di queste perturbazioni. Molti prevedono la creazione di buchi neri, che vanno da una massa di Planck a centinaia di migliaia di masse solari. I buchi neri primordiali potrebbero così spiegare la creazione di qualsiasi tipo di buco nero.