Asteroidi / Comete / MeteoritiAstrobiologiaCorpi CelestiNews

Cos’è una Cometa?

Una cometa è un corpo celeste relativamente piccolo, simile a un asteroide ma composto prevalentemente di ghiaccio, roccia e metalli. Nel Sistema solare, le orbite delle comete si estendono oltre quella di Plutone. Le comete che entrano nel sistema interno, e si rendono quindi visibili dalla Terra.

Il termine “cometa” viene dal greco κομήτης (kométes), che significa “chiomato”, “dotato di chioma”, a sua volta derivato da κόμη (kòme), cioè “chioma”, “capelli”, in quanto gli antichi paragonavano la coda di questi corpi celesti a una lunga capigliatura.

Sono frequentemente caratterizzate da orbite ellittiche. Sono composte per la maggior parte di sostanze volatili ghiacciate, come biossido di carbonio, metano e acqua, mescolate con aggregati di polvere e vari minerali. La sublimazione delle sostanze volatili quando la cometa è in prossimità del Sole causa la formazione della chioma e della coda.

Si pensa che le comete siano dei residui rimasti dalla condensazione della nebulosa da cui si formò il Sistema Solare: le zone periferiche di tale nebulosa sarebbero state abbastanza fredde da permettere all’acqua di trovarsi in forma solida (invece che come gas). È sbagliato descrivere le comete come asteroidi circondati da ghiaccio: i bordi esterni del disco di accrescimento della nebulosa erano così freddi che i corpi in via di formazione non subirono la differenziazione sperimentata da corpi in orbite più vicine al Sole.

Origine degli sciami meteorici

Il nucleo di ogni cometa perde continuamente materia, che va a formare la coda. La parte più pesante di questo materiale non è spinta via dal vento solare, ma resta su un’orbita simile a quella originaria. Col tempo, l’orbita descritta dalla cometa si riempie di sciami di particelle piccolissime, ma molto numerose, e raggruppate in nubi che hanno origine in corrispondenza di un periodo di attività del nucleo. Quando la Terra incrocia l’orbita di una cometa in corrispondenza di una nube, il risultato è uno sciame di stelle cadenti, come le famose “lacrime di San Lorenzo” (10 agosto), o numerosi sciami più piccoli e meno conosciuti.

A volte le nubi sono densissime: la Terra incrocia, ogni 33 anni, la parte più densa della nube delle Leonidi, derivanti dalla cometa 55P/Tempel-Tuttle. Nel 1833 e nel 1966 le Leonidi diedero luogo a “piogge”, con conteggi superiori alle dieci meteore al secondo, gli sciami del 1899 e del 1933 non sono stati altrettanto prolifici.

Portatrici di vita

Sette articoli pubblicati sulla rivista Science (Volume 314, Issue 5806, 2006) da un team di scienziati internazionali, tra i quali sette italiani, annunciano la scoperta nei grani di polvere della cometa Wild 2 di lunghe molecole organiche, di ammine precursori di quelle organiche, come il Dna. La sonda Stardust, dopo aver percorso 4,6 miliardi di chilometri in circa sette anni ha catturato un centinaio di grani ognuno piccolo meno di un millimetro.

I grani sono stati catturati il 2 gennaio 2004 dalla coda della cometa Wild 2 con una speciale filtro in aerogel, una sostanza porosa dall’aspetto lattiginoso. Gli scienziati autori della scoperta, tra cui Alessandra Rotundi dell’Università Parthenope di Napoli, ritengono che questa scoperta sia la conferma della panspermia, la teoria secondo la quale molecole portate dalle comete siano alla base dell’origine della vita sulla Terra. È una teoria che nacque nei primi anni del Novecento e compatibile con le osservazioni fatte dalla sonda europea Giotto nel 1986 quando si avvicinò alla cometa di Halley.

A sostegno di questa ipotesi vengono citati anche i tempi rapidi con la quale sarebbe comparsa la vita sulla Terra. Secondo i cultori di questa teoria la situazione sulla Terra sarebbe mutata radicalmente in poche decine di milioni di anni e tempi così rapidi secondo loro si possono spiegare solo con l’ipotesi che a portare gli ingredienti fondamentali alla vita siano state le comete. Rimane il fatto che nella sezione dedicata alla cometa Wild 2 è riportato che non sono stati osservati carbonati e ciò suggerisce che la polvere della cometa Wild 2 non ha subito alterazione per mezzo di acqua liquida. Ciò rende inspiegabile la presenza di ammina.

Morte delle comete

La Cometa Encke perde la sua coda
La Cometa Encke perde la sua coda

Le comete hanno vita relativamente breve. I ripetuti passaggi vicino al Sole le spogliano progressivamente degli elementi volatili, fino a che la coda non si può più formare, e rimane solo il materiale roccioso. Se questo non è abbastanza legato, la cometa può semplicemente svanire in una nuvola di polveri. Se invece il nucleo roccioso è consistente, la cometa è adesso diventata un asteroide inerte, che non subirà più cambiamenti.

La frammentazione delle comete può essere attribuita essenzialmente a tre effetti: all’urto con un meteorite, a effetti mareali di un corpo maggiore, quale conseguenza dello shock termico derivante da un repentino riscaldamento del nucleo cometario. Spesso episodi di frantumazione seguono fasi di intensa attività della cometa, indicate col termine inglese “outburst“. La frammentazione può comportare un aumento della superficie esposta al Sole e può risolversi in un rapido processo di disgregazione della cometa. L’osservazione della frammentazione del nucleo della cometa periodica Schwassmann-Wachmann 3 ha permesso di raccogliere nuovi dati su questo fenomeno.

Collisioni tra pianeti

Alcune comete possono subire una fine più violenta: cadere nel Sole oppure entrare in collisione con un pianeta, durante le loro innumerevoli orbite che percorrono il Sistema solare in lungo e in largo. Le collisioni tra pianeti e comete sono piuttosto frequenti su scala astronomica: la Terra incontrò una piccola cometa nel 1908, che esplose nella taiga siberiana causando l’evento di Tunguska, che rase al suolo migliaia di chilometri quadrati di foresta. Nel 1910 la Terra passò attraverso la coda della Cometa di Halley, ma le code sono talmente immateriali che il nostro pianeta non subì il minimo effetto.

Tra la seconda metà degli anni sessanta e i primi anni settanta la cometa Shoemaker-Levy 9 passò troppo vicino a Giove e rimase catturata dalla gravità del pianeta. Le forze di marea causate dalla gravità spezzarono il nucleo in una decina di pezzi, i quali poi bombardarono il pianeta nel 1994 offrendo viste spettacolari ai telescopi di mezzo mondo, da tempo in allerta per seguire l’evento. Divenne immediatamente chiaro il significato di strane formazioni che si trovano sulla Luna e su altri corpi rocciosi del Sistema solare: catene di piccoli crateri, posti in linea retta uno dopo l’altro. È evidente che una cometa passò troppo vicino al nostro pianeta, ne rimase spezzata, e andò a finire contro la Luna causando la catena di crateri.

La collisione di una grossa cometa con la Terra sarebbe un disastro immane se avvenisse vicino a una grande città, perché causerebbe sicuramente migliaia, se non milioni di morti. Fortunatamente, seppur frequenti su scala astronomica, tali eventi sono molto rari su scala umana, e i luoghi densamente abitati della Terra sono ancora molto pochi rispetto alle vaste aree disabitate o coperte dai mari.

Nucleo della Cometa

Immagine del nucleo della Cometa Tempel 1 ripresa dal proiettile della Deep Impact
Immagine del nucleo della Cometa Tempel 1 ripresa dal proiettile della Deep Impact. Il nucleo raggiunge circa i 6 km di diametro

I nuclei cometari possono variare in dimensione dalle centinaia di metri fino a cinquanta e più chilometri e sono composti da roccia, polvere e ghiacci d’acqua e di altre sostanze, comunemente presenti sulla Terra allo stato gassoso, quali monossido di carbonio, anidride carbonica, metano e ammoniaca. Sono spesso chiamate “palle di neve sporca”, soprannome dato da Fred Whipple, creatore della teoria cometaria oggi più in voga, sebbene osservazioni recenti hanno rivelato forme irregolari e superfici secche di polveri o rocce, rendendo necessario ipotizzare i ghiacci sotto la crosta. Le comete sono composte inoltre da una varietà di composti organici: oltre ai gas già menzionati, sono presenti metanolo, acido cianidrico, formaldeide, etanolo ed etano e anche, forse, composti chimici dalle molecole più complesse come lunghe catene di idrocarburi e amminoacidi.

Contrariamente a quanto si possa pensare, i nuclei cometari sono tra gli oggetti del Sistema solare più scuri conosciuti: alcuni sono più neri del carbone. La sonda Giotto scoprì che il nucleo della Cometa di Halley riflette circa il 4% della luce con cui viene illuminato, e la sonda Deep Space 1 scoprì che la superficie della cometa Borrelly riflette una percentuale tra il 2,4% e il 3%. Per confronto, il normale asfalto stradale riflette il 7% della luce incidente.

Nel Sistema solare esterno le comete rimangono in uno stato congelato ed è estremamente difficile o impossibile rilevarle dalla Terra a causa delle loro ridotte dimensioni. Sono state riportate rilevazioni statistiche da parte del Telescopio spaziale Hubble di nuclei cometari non attivi nella fascia di Kuiper, sebbene le identificazioni siano state messe in discussione, e non abbiano ancora ricevuto delle conferme.

Chioma e coda

Evoluzione delle code di polveri e di ioni, lungo l'orbita di una cometa. La coda di ioni (blu) è più dritta e rivolta in direzione opposta al Sole, mentre quella di polveri si incurva relativamente al percorso orbitale
Evoluzione delle code di polveri e di ioni, lungo l’orbita di una cometa. La coda di ioni (blu) è più dritta e rivolta in direzione opposta al Sole, mentre quella di polveri si incurva relativamente al percorso orbitale

Quando una cometa si avvicina al Sistema solare interno, il calore del Sole fa sublimare i suoi strati di ghiaccio più esterni. Le correnti di polvere e gas prodotte formano una grande, ma rarefatta atmosfera attorno al nucleo, chiamata “chioma“, mentre la forza esercitata sulla chioma dalla pressione di radiazione del Sole, e soprattutto dal vento solare, conducono alla formazione di un’enorme “coda” che punta in direzione opposta al Sole.

Chioma e coda risplendono sia per riflessione diretta della luce incidente, sia in conseguenza della ionizzazione dei gas per effetto del vento solare. Sebbene la maggior parte delle comete sia troppo debole per essere osservata senza l’ausilio di un binocolo o di un telescopio, ogni decennio alcune poche diventano ben visibili a occhio nudo. Occasionalmente una cometa può sperimentare un’enorme e improvvisa esplosione di gas e polveri, indicata comunemente con il termine inglese “outburst”. Nella fase espansiva seguente la chioma può raggiungere dimensioni ragguardevoli. Nel novembre del 2007 per la chioma della Cometa Holmes è stato stimato un diametro di 1,4 milioni di chilometri, pari a quello del Sole. Per un brevissimo periodo, la cometa ha posseduto l’atmosfera più estesa del Sistema solare.

Spesso polveri e gas formano due code distinte, che puntano in direzioni leggermente differenti: la polvere, più pesante, rimane indietro rispetto al nucleo e forma spesso una coda incurvata, che si mantiene sull’orbita della cometa; il gas, più sensibile al vento solare, forma una coda diritta, in direzione opposta al Sole, seguendo le linee del campo magnetico locale piuttosto che traiettorie orbitali. Viste prospettiche dalla Terra possono determinare configurazioni in cui le due code si sviluppano in direzioni opposte rispetto al nucleo; oppure in cui la coda di polveri, più estesa, appare a entrambi i lati di esso. In questo casi si dice che la cometa possiede una coda e un’anti-coda. Un esempio recente ne è stata la Cometa Lulin.

Mentre il nucleo è generalmente inferiore ai 50 km di diametro, la chioma può superare le dimensioni del Sole e sono state osservate code ioniche di estensione superiore a 1 UA (150 milioni di chilometri). È stato proprio grazie all’osservazione della coda di una cometa, disposta in direzione opposta al Sole, che Ludwig Biermann ha contribuito significativamente alla scoperta del vento solare. Sono comunque estremamente tenui, tanto che è possibile vedere le stelle attraverso di esse.

La Cometa Holmes nel 2007. Sulla destra nell'immagine è visibile la caratteristica coda ionica, di colore azzurro
La Cometa Holmes nel 2007. Sulla destra nell’immagine è visibile la caratteristica coda ionica, di colore azzurro

La coda ionica si forma per effetto fotoelettrico, come risultato dell’azione della radiazione solare ultravioletta incidente sulla chioma. La radiazione incidente è sufficientemente energetica da superare l’energia di ionizzazione richiesta dalle particelle degli strati superiori della chioma, che vengono trasformate così in ioni. Il processo conduce alla formazione di un nuvola di particelle cariche positivamente intorno alla cometa che determina la formazione di una “magnetosfera indotta”, che costituisce un ostacolo per il moto del vento solare. Poiché inoltre la velocità relativa tra il vento solare e la cometa è supersonica, a monte della cometa e nella direzione di flusso del vento solare si forma un bow shock, nel quale si raggruppa un’elevata concentrazione degli ioni cometari (chiamati “pick up ions). Il vento solare ne risulta arricchito di plasma in modo che le linee di campo “drappeggiano” attorno alla cometa formando la coda ionica.

Se l’intensità del vento solare aumenta a un livello sufficiente, le linee del campo magnetico a esso associato si stringono attorno alla cometa e a una certa distanza lungo la coda, oltrepassata la chioma, si verifica la riconnessione magnetica. Ciò conduce a un “evento di disconnessione della coda”: la coda perde la propria continuità (si “spezza”) e la porzione oltre la disconnessione si disperde nello spazio. Sono state osservate diverse occorrenze di tali eventi. Degna di nota è la disconnessione della coda della Cometa Encke avvenuta il 20 aprile del 2007, quando la cometa è stata investita da un’espulsione di massa coronale. L’osservatorio orbitante solare STEREO-A registrò alcune immagini dell’evento, che, montate a costituire una sequenza, sono visibili qui a lato.

L’osservazione della Cometa Hyakutake nel 1996 ha condotto alla scoperta che le comete emettono raggi X. La scoperta destò sorpresa tra gli astronomi, che non avevano previsto che le comete potessero emetterne. Si ritiene che i raggi X siano prodotti dall’interazione tra le comete e il vento solare: quando ioni con carica elevata attraversano un’atmosfera cometaria, collidono con gli atomi e le molecole che la compongono. Nella collisione, gli ioni catturano uno o più elettroni emettendo nello stesso tempo raggi X e fotoni nel lontano ultravioletto.

Caratteristiche orbitali della Cometa

Orbite della Cometa Kohoutek (in rosso) e della Terra (in blu). Per evidenziare la rapidità del moto della cometa sono indicate alcune posizioni assunte dai due corpi nel periodo tra il 1º ottobre 1973 e il 1º aprile 1974. Si notino anche le differenti eccentricità delle due orbite
Orbite della Cometa Kohoutek (in rosso) e della Terra (in blu). Per evidenziare la rapidità del moto della cometa sono indicate alcune posizioni assunte dai due corpi nel periodo tra il 1º ottobre 1973 e il 1º aprile 1974. Si notino anche le differenti eccentricità delle due orbite

La maggior parte delle comete seguono orbite ellittiche molto allungate che le portano ad avvicinarsi al Sole per brevi periodi e a permanere nelle zone più lontane del Sistema solare per la restante parte. Le comete sono usualmente classificate in base alla lunghezza del loro periodo orbitale.

  • Sono definite comete di corto periodo quelle che hanno un periodo orbitale inferiore a 200 anni. La maggior parte di esse percorre orbite che giacciono in prossimità del piano dell’eclittica, con lo stesso verso di percorrenza dei pianeti. Tali orbite sono generalmente caratterizzate da un afelio posto nella regione dei pianeti esterni (dall’orbita di Giove in poi). Per esempio, l’afelio dell’orbita della Cometa di Halley si trova poco oltre l’orbita di Nettuno. All’estremo opposto, la Cometa Encke percorre un’orbita che non la porta mai a oltrepassare quella di Giove. Le comete periodiche sono a loro volta suddivise nella famiglia cometaria di Giove (comete con periodo inferiore ai 20 anni) e nella famiglia cometaria di Halley (comete con periodo compreso tra i 20 e i 200 anni).
  • Le comete di lungo periodo percorrono orbite con elevate eccentricità e con periodi compresi tra 200 e migliaia o anche milioni di anni. (Comunque, per definizione, rimangono gravitazionalmente legate al Sole; non è possibile parlare propriamente di periodo, infatti, in riferimento a quelle comete che sono espulse dal Sistema solare in seguito all’incontro ravvicinato con un pianeta). Le loro orbite sono caratterizzate da afelii posti molto oltre la regione dei pianeti esterni e i piani orbitali presentano una grande varietà di inclinazioni rispetto al piano dell’eclittica.
  • Le comete extrasolari (in inglese Single-apparition comets o “comete da una singola apparizione”) percorrono orbite paraboliche o iperboliche che le portano a uscire permanentemente dal Sistema solare dopo esser passate una volta in prossimità del Sole.
  • Alcune fonti utilizzano la locuzione cometa periodica per riferirsi a ogni cometa che percorra un’orbita chiusa (cioè, tutte le comete di corto periodo e quelle di lungo periodo), mentre altre la utilizzano esclusivamente per le comete di corto periodo. Similmente, sebbene il significato letterale di “cometa non periodica” sia lo stesso di “cometa da una singola apparizione”, alcuni lo utilizzano per riferirsi a tutte le comete che non sono “periodiche” nella seconda accezione del termine (cioè, includendo tutte le comete con un periodo superiore a 200 anni).
  • Comete recentemente scoperte nella fascia principale degli asteroidi (cioè corpi appartenenti alla fascia principale che manifestano attività cometaria durante una parte della loro orbita) percorrono orbite semi-circolari e sono state classificate a loro stanti.
  • Esistono infine le comete radenti (in inglese sun-grazing, ovvero “che sfiorano il Sole”), dal perielio così vicino al Sole che ne sfiorano letteralmente la superficie. Esse hanno breve vita, perché l’intensa radiazione solare le fa evaporare in pochissimo tempo. Sono, inoltre, difficili da osservare, a causa dell’intensa luce solare molto vicina: per osservarle occorre usare strumenti speciali come un coronografo, usare un filtro a banda molto stretta, osservarle durante un eclissi totale di Sole, o tramite un satellite.